L'Eremo di Camaldoli è situato a oltre 1000 metri
sul livello del mare, e può essere
raggiunto da vari luoghi, come Badia
Prataglia, Serravalle di Bibbiena, Poppi
e Pratovecchio; esso è
completamente circondato di abeti, che danno al luogo un fascino mistico di
notevole suggestione. Il Monastero è raccolto attorno a un chiostro di stile
montano, ovvero con due ordini di archi a tutto sesto, poggianti su colonne con
capitelli ionici. Due ordini sono orientati verso il sole, mentre gli altri due
esposti a Est e a Nord sono aperti da finestre ad arco. Al piano superiore vi
sono i corridoi che corrono lungo il perimetro del chiostro e nel quale si
trovano le celle dei monaci. Il refettorio del 1609 è caratterizzato dal
manierismo toscano ed è arredato da tavoli e stalli in noce. La parete di fondo
è occupata da una grande tela dipinta nel 1611 da Cristoforo Roncalli (Il
Pomarancio).
L’ultima
esperienza di San Romualdo, prima di
raggiungere la sua cella nell’Eremo vicino al monastero di Valdicastro dove morirà,
fu il Campus Malduli, dove egli formerà cinque monaci alla vita
eremitica, dando così vita al nucleo del Sacro
Eremo di Camaldoli, famosa per
il monastero costruito sul terreno donato dal Conte di Arezzo Maldolo a san Romualdo. Quel terreno
era detto Campus Malduli, e per
corruzione dialettale Camaldoli:
“Enitet ille locus qui dicitur Campo Malduli, campus speciosus et amabilis, ubi sunt septem
purissimi fontes et amoena virecta” [Spicca
quel luogo che è detto Campo
Malduli, un campo bello e amabile, dove scorrono sette fonti limpide e ci
sono ameni luoghi verdeggianti] ( G. Vedovato).
Alcuni
studiosi ritengono che il nome derivi dall'amenità del luogo, definito altresì
come Campus Amabilis, come del resto
leggiamo in una Bolla papale, dove Camaldoli è appunto detto Campus Amabilis:
“Girolamo da Piaga e il padre Agostino
Fiorentino, e Arnoldo Vion pretendono
che il nome di Camaldoli derivi da un certo Maldolo, che donò il campo a San Romualdo per
fondare qui il suo cenobio; cosicché il luogo fu detto Campum Malduli e Casam
Malduli e poi Camalduli. Ma il
Sommo Pontefice Alessandro II
nella costituzione data a quest' ordine
religioso pare che derivi il nome da Campus Amabilis, che così era chiamato prima che San Romualdo si stabilisse in quel luogo. Il
titolo di tale costituzione data in Lucca il 29 ottobre 1072 è questo:
Approbatio Congregrationis monacorum
Eremitarum Camaldulensium alius Campi Amabilis Ordinis sancti Benedirti (Approvazione della Congregazione
dei monaci eremiti camaldolesi altrimenti detto Campo Amabile dell’Ordine di San Benedetto)”. Non è del tutto
inverisimile, si legge ancora nei Fasti
della chiesa che il campo dato da Maldulo al nostro Santo fosse definito amabile. ( I
Fasti della chiesa nella vita dei santi).
L’etimologia
è suggestiva, tuttavia è più probabile che il toponimo si riferisca al nome del
donatore, ovvero al Conte Maldolo,
da cui Campus Maldoli [=Camaldoli].
Romualdo di Ravenna arrivò nel territorio di Arezzo verso la fine della sua
vita; qui le sue idee relative a una riforma morale della chiesa si
incontrarono favorevolmente con quelle del Vescovo di Arezzo, Teodaldo di Canossa [1023-1036], su
suggerimento del quale S. Romualdo fondò, intorno al 1027, l'Eremo di
Camaldoli.
Nella Consuetudo Camaldulensis la fondazione
del Monastero fu raccontata in questi termini:
Notificamus itaque vobis, fratres
carissimi, quod predicta Camaldulensis heremus a sancto patre Romualdo
heremita, Santo suggerente Spiritu, precatu reverentissimi Teodaldi Aretini episcopo, edificata est cum
quadam basilica, quam predictus
episcopus in honore sancti Salvatoris
consecravit millesimo XXVII anno
ab eiusdem incarnationis [ Vi informiamo, fratelli carissimi, che il predetto eremo di Camaldoli,
fondato con una basilica dal santo padre Romualdo, per volontà dello Spirito
Santo e del reverendo Vescovo Teodaldo
di Arezzo, fu consacrato dal predetto Vescovo nell’anno 1027
dall'incarnazione di Cristo] (L. Licciardello).
Come dicevamo sopra, San Romualdo istruì a
Camaldoli cinque monaci, che poi lasciò per finire la sua vita a Valdicastro. Egli impose ai
confratelli, che lo riconobbero come loro guida spirituale, una regola che si ispirava fortemente a
quella benedettina, poi perfezionata
nel corso dei secoli. La nascita giuridica dell'Ordine Camaldolense risale alla
Bolla di Papa
Pasquale II [ Gratias Deo, 1113 (o
1114)]:
Edit praeditus Paschalis episcopus
servus servorum Dei venerabili filio Guidoni
priori [...]:
Praecipimus ac praesentis decreti
auctoritate sancimus ne cuiquam omnino personae clerico monacho layco
cujuscumque ordinis aut dignitatis praesentibus aut futuris temporibus liceat
congregationes illas et loca illa quae Camaldulensis eremi sive coenobii
disciplinam et ordinem susceperunt ...
ullomodo subjectione et unitate dividere [...] [Così
parlò il Predetto Papa Pasquale, Servo dei servi di Dio al Venerabile figlio Guidone, Priore di Camaldoli:
Ordiniamo che a nessuno, chierico, monaco e laico di qualsiasi condizione e
dignità, sia permesso oggi e nei tempi futuri di sottomettere o dividere i
luoghi dove sorge l'Eremo di Camaldoli] (Monumenta
Historiae Patriae).
Dopo il
1027, con la morte di Romualdo il
monastero–eremo di Camaldoli diventò la Casa Madre di una congregazione che
accrebbe il proprio patrimonio fino al XIII secolo. Le fonti che raccontano la
nascita dell’Eremo di Camaldoli sono varie e contrastanti, ma sicuramente la
più autentica e attendibile è il diploma
con cui Teodaldo di Canossa, vescovo
di Arezzo nel 1027, donava al venerabile
eremita Pietro Dagnino, discepolo di
Romualdo, l’oratorio di San Salvatore.
Così si formò una congregazione monastica che
fu riconosciuta nel 1027e dalla Bolla Nulli
Fidelium di Papa Alessandro II, successivamente riconfermata da Papa Gregorio VII. Nel 1080 furono
redatte le Constitutiones Camaldolesi
del Beato Rodolfo [morto nel 1089].
Nel corso del pontificato di Papa Alessandro
III (1159-1181), Camaldoli si troverà ad affrontare le prime difficoltà
dovute alla sua vasta “signoria feudale”, contestata dalla Diocesi, dai signori
vicini e anche dagli stessi sudditi. Nel 1187 oltre alle conferme su diritti e
proprietà da parte del papa Clemente III
(1181-1191), anche l’Imperatore Enrico
VI ( morto nel 1197), oltre a numerose donazioni, concesse l’immunità
all’Eremo di Camaldoli.
In epoca
umanistica Camaldoli diventò un centro culturale di primaria importanza, mentre
le risorse forestali furono una fonte fondamentale per l'arricchimento dell'Ordine
Camaldolese. L'epoca napoleonica,
che comportò la soppressione di molti ordini religiosi, nonché la dispersione
di numerose opere d'arte, segnò il declino dell'ordine Camaldolese, che
continuò anche dopo l'Unità d'Italia, quando i beni dell'Ordine furono
confiscati dallo Stato. Un rinnovato vigore dell'Ordine fu registrato verso la
seconda metà del XX secolo e oggi Camaldoli costituisce uno dei punti nodali
del turismo spirituale e culturale dell'intera Italia ( Codice forestale Camaldolese).
Fonti:
“Codice
forestale Camaldolese. La regola della vita eremitica, ovvero le Constitutiones Camaldulenses”, a cura
di Raoul Romano, Roma, INEA, 2010, Vol. I, pp. 67-89.
I Fasti della chiesa nella vita dei santi ..., Milano, 1824, Vol. II, pp. 246-247
nota 1.
L.
Licciardello, Consuetudo Camaldulensis.
Rodulphi Constitutiones Liber Eremitice Regule, Firenze, 2004, pp. 2-4.
Monumenta Historiae Patriae, 1861, Tomo X, p. 191 e G. Vedovato, Camaldoli, pp. 72-76.
G. Vedovato,
Camaldoli e la sua congregazione dalle
origini al 1184, Cesena, Storia e documentazione, p. 127.
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