giovedì 10 novembre 2016

Stia e i Conti Guidi “di Palagio”



Stia è situata ai piedi del Monte Falterona, alla confluenza dell'Arno con il torrente Staggia.  La  civiltà etrusca,  che ebbe in Arezzo una delle più potenti lucumonie, si estese fino a questi monti.  Sotto il dominio romano, il Casentino ospitò colonie romane e famiglie patrizie; ciò è attestato da vari toponimi. come Trinità, Prataglia, Selvamonda, Strumi, Pietrafitta e alcuni centri come le antichissime Pievi di Montemignaio, Romena, Stia,  Castel S. Niccolò, Buiano.

 Ci sono vari siti archeologici di epoca etrusca e romana visitabili in Cosentino, come l’Ara del tempio di Pieve a Socana, i  resti della Villa Romana nella cripta di Buiano (Poppi),  e il cosiddetto Lago degli Idoli sul Monte Falterona (Stia).Del periodo Romano nel Casentino abbiamo prove evidenti nelle monete d’oro di Foca, trovate a Faltona e Lierna, a Castel Castagnaio (Stia), e in antichi edifici destinati al culto.

Sicuramente all'epoca romana sono riferibili  i ritrovamenti effettuati fra Stia ed il monte Falterona (nelle località Monte di Gianni, Moiano, Mattonaia, Pian delle Gorghe, Poggio Castagnoli).  Abbiamo notizie dell'insediamento del cristianesimo nel Casentino soltanto dai secoli XI-XII, come dimostrano gli edifici delle Pievi di Stia, Romena, Vado e Montemignaio.

Nel mondo antico Stia fu un villaggio situato lungo la romana Via Maior, che collegava il Casentino a San Godenzo, nel Mugello.  Il toponimo deriva sicuramente  dal Latino stadium, antica unità di misura romana, poi volgarizzato in staggio,  staio, e staja,  per contrazione dal nome del torrente Staggia. La cosa è confermata dall’Archivio Glottologico Italiano:

“Stia e Staggia nel Casentino furono certo Staja. Divinità romane dedicate a un culto delle acque furono trovate in varie località del Casentino, sul Monte Falterona nel Lago degli idoli, e presso il laghetto ormai prosciugato di Ciliegeta, che si trova nei pressi di Stia”. 

Per quanto riguarda il Medioevo, le prime notizie sul villaggio di Stia si trovano nel Regesto Camaldolese relativamente agli anni  1053-1054, dove è citata la Plebe S. Mariae de Staia; successivamente, nel 1093, troviamo citato un Casale de Stia. Nel Medioevo Stia si sviluppò come mercatale (mercato) della Contea di Porciano e residenza del ramo dei Conti Guidi detti anche di Palagio,  per ricordare la costruzione, avvenuta nel 1230, di una residenza signorile sulle rive del torrente Staggia.

Nel 1402  il villaggio passò sotto il dominio di Firenze col nome di Palagio Fiorentino. E. Repetti  narrò la storia di Stia in questo modo:

“Fu il castello vecchio di Stia con il suo territorio annesso tra i feudi dei Conti Guidi del ramo di Porciano, che abitarono nel  palazzo in Stia vecchia detto il Palagio [...] che poi  fu detto Palagio Fiorentino. Una delle memorie superstiti in cui è ricordato il ramo dei Conti  di Stia insieme alla sua pieve furono dovute agli Annalisti Camaldolesi, [...] in un atto di donazione scritto nell' aprile di detto anno nella camera del pievano di Santa Maria situata in Stia nel Casentino [...]. Dal  documento apprendiamo che il donatore fu un Conte Guido fu Alberto; che i conti di Porciano fossero anche di Palagio o di Stia vecchia lo afferma anche lo storico Fiorentino  Scipione Ammirato che rammenta un Conte Porciano al servizio dei Fiorentini e comandante di un corpo di cavalleria il quale dallo stesso scrittore  venne designato col titolo di Palagio”. La storia di Stia in seguito rimase   legata  ai Medici e terminò con il granduca Giangastone. nel 1737, quando gli successe la dinastia dei Lorena, che durò fino all'unità d'Italia.

Sotto l’aspetto storico-artistico, Stia vanta manufatti di origine medievale di tutto rispetto. In piazza Tanucci è situata la Pieve di Santa Maria Assunta, di stile romanico e risalente  al XII secolo,  dove sono conservati alcuni quadri di ragguardevole valore artistico, come il trittico dell’Annunciazione di Bicci di Lorenzo, degli inizi del XV secolo, una Madonna col Bambino della scuola di Cimabue, una terracotta bianca invetriata di Andrea della Robbia, ed un ciborio in terracotta policroma invetriata, del XVI secolo,  opera attribuita alla bottega dei Della Robbia.



Fonti:

Archivio Glottologico Italiano, 1896, p. 397.

Dizionario Geografico, Fisico, Storico della Toscana ..., Firenze, 1843, Vol. V,  p. 468.








lunedì 7 novembre 2016

Policastro Bussentino: tra il “bosso” e la “foce”

 L'antica Buxentum ( oggi chiamata Policastro Bussentino) è situata su una  collina accanto a un antico castello, sulla destra del fiume Bussento, che ha lo stesso nome della città.  Gli autori antichi conoscevano il luogo come Pixunte (in greco) e Buxentum (in latino). Secondo un'etimologia consolidata, il toponimo deriverebbe dalla radice pouxous, con il significato di  bosso, un legno molto duro e resistente, che cresceva nella zona di Policastro. Dalla radice greca, pouxous, e latina, buxus, ne derivarono i parecchi nomi della città, quali Pixus, Pituntia, Pixunte, Pissunte e, infine,  Bussento.

L'etimologia ha una sua consistenza, perché, come ricordava Amedeo La Greca, “nel corso della II guerra Punica,  secondo Silvio Italico, i soldati di Pixoe ancora combattevano armati di bastoni di bosso e di spade ricurve”. Tuttavia, non mancano studiosi i quali ritengono che l'etimologia esatta sia invece foce, poiché la città è posta sulla destra del fiume Bussento, che ha lo stesso nome della città. In questo senso, G. Semeraro sottolineò che l'etimologia che rimanda al concetto di bosso è sostanzialmente errata, perché,  linguisticamente, la radice poux significa foce. ( G. Semeraro).

Il secondo nome, Policastro, è invece di origine medievale, e significa città fortificata [ polis=città, castrum = fortificazione, castello]. Comunque la questione è tuttora incerta, perché la città, nonostante la radice greca del toponimo, sembra che fosse stata di origini pregreche, in quanto appartenuta agli Enotri.  Pertanto pare che  il toponimo risenta di un sostrato mediterraneo: “Policastro era l'antica Pyxus-Buxentum, in tempi remotissimi città enotrico-pelasgica, come dimostrano le possenti vestigia delle sue mura, indi colonia greca e poi romana” (Fernando La Greca).  Buxentum sarebbe stata fondata, secondo Diodoro Siculo,  nel 471 a.C.,  e le testimonianze archeologiche del periodo romano sono ben evidenti, come il ponte romano di Rofrano ( Fernando La Greca).

Il centro storico di Policastro è costituito  da una cinta muraria medievale, risalente alla dominazione normanna, dell’epoca di Ruggero I (XI secolo). Esso  è dominato da un castello fortificato, che a suo tempo fu una fortezza bizantina nell’Alto Medioevo (VI-VII secolo),  poi  ricostruita  dai Sanseverino nel XIII secolo. Secondo una tradizione rivelatasi infondata, Policastro Bussentino sarebbe stata distrutta nel corso delle incursioni saracene sulle coste italiane nel 915; ma in realtà la città è attestata come ben viva e presente dalle fonti dell'XI secolo come dominio normanno, e poi  citata anche  dal geografo arabo Al Idrisi nel XII secolo,  e descritta come un castello grande e molto popolato.

Dal XIII al XV secolo  Policastro Bussentino appartenne a diverse famiglie feudali (Sanseverino, RuffoCarafa). Tuttavia, tra il XIV e il XVI secolo, una serie di distruzioni provocate da eventi bellici, quali l’attacco dei genovesi del 1320, e vari assalti pirateschi ne provocarono l’inevitabile declino  ( C. B.Trillmich). Con tutto ciò, Policastro Bussentino conserva ancora le tracce del suo antico e glorioso passato, come  le  mura di cinta, di origine medievale,  la Chiesa Cattedrale, costruita, secondo la tradizione, su un precedente tempio pagano dedicato a Castore e Polluce, e il museo diocesano, che conserva  opere di notevole pregio storico ed artistico, come  un crocefisso in avorio, di stile fiammingo, risalente alla fine del XVII secolo: tutti elementi che, insieme con il mare, ne fanno una delle più interessanti mete del turismo culturale in Italia.

Fonti:

A.      La Greca, Appunti di Storia del Cilento, 1997, p. 96.

F. La Greca, “L'area del golfo di Policastro in epoca greco-romana”, in Temi per una storia di Torraca, Centro di Promozione Culturale per il Cilento, Acciaroli, 2010, pp. 19 sgg.

G. Semeraro, Le origini della cultura europea, Olschki, 1994, parte I,  p. 244.


C. B. Trillmich, “Pyxous-Buxentum”, in Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité, 1988,  Vol. 100, n. 2, pp. 701-729.

domenica 6 novembre 2016

Aquileia, “la città sul fiume”



Secondo un’ipotesi condivisa dalla maggioranza degli  studiosi, sembra che il nome della città abbia le sue radici in “Akilis”, un termine preromano di origine celtica, indicante il fiume “[...] che probabilmente diede origine al nome di Aquileia [...]”. La base del nome dovrebbe essere il termine “wara” (“acqua”), che sarebbe, appunto, la radice del toponimo Aquileia, derivante da “Aquilis”, il nome di un corso d'acqua che si riscontra anche in altre regioni, fra cui l'Istria” (Il territorio di Aquileia nell'antichità).

Qualcuno  ha tuttavia suggerito l’idea che  il nome possa derivare dall'aquila “che le legioni romane portavano come insegna” ( G. Geromet). In ogni caso,  la prima ipotesi sembra molto più verosimile, in quanto si basa sulla topografia del luogo, per cui Aquileia significherebbe “ Città del (o sul)  fiume Aquilis”. A questo proposito,  E. Campanile sottolineò  il fatto che l'idronimo “Aquilis” trova un buon confronto con il termine sloveno “vup-”, che significa “fiume”.

 Le motivazioni che spinsero i Romani a fondare una città in quel luogo furono molteplici, ma la più importante era data dalla più facile  difesa della cosiddetta  “Via dell’ambra”,  che collegava il mondo transalpino con il mare e la zona carsica, o “porta orientale”, che poteva essere soggetta a invasioni provenienti da Est.  Nel 181 d.C. fu pertanto dedotta una colonia di diritto latino (ovvero, città con un proprio senato, ma dipendente in politica estera da Roma), in cui fu subito trasferito un cospicuo numero di soldati romani con le loro famiglie.  Aquileia era situata sulle rive del fiume “Natissa”, l'antico  “Akulis”, che le corre sul lato sinistro, fungendo da fortificazione naturale, e che era un tempo navigabile, come dimostra la presenza del porto collegato alla Via dell’ambra. Inoltre la città costituiva il punto centrale di tre importanti vie di comunicazione terrestre: la Via Postumia, che partiva da Genova, la Via Annia, proveniente da Padova, e la Via Popilia, che partiva a Rimini.

In età augustea, Aquileia fu capitale della X Regio, Venetia et Histria. Fu questo il momento più fiorente della città, che fu totalmente rinnovata con la costruzione di imponenti edifici nei luoghi pubblici. La vita di Aquileia si rivelò comunque  molto difficile, proprio per la sua caratteristica di città di frontiera.  Infatti, nel 169 d. C. fu invasa dai primi barbari provenienti dal nord-est, i Quadi ed i Marcomanni.

 Ma Aquileia subì il colpo finale da Attila, il quale, nel 452,  scese in Italia e mise a ferro e fuoco la città.  Da questo momento in poi Aquileia fu devastata da continue invasioni, tra cui l’ultima quella longobarda, dopo la quale il Patriarca e gli abitanti si spostarono a Grado. La città in epoca romana ebbe una fiorentissima vita economica, e non per nulla era definita l’ “emporio d’Italia”: era  dotata di foro, anfiteatro, circo, teatro e svariate terme piccole e grandi. Le Grandi Terme di Aquileia sono tuttora oggetto di scavi, i cui resti sono visibili al Museo della città.

Fonti:

AA.VV., “Centro di antichità alto-adriatiche”, in Il territorio di Aquileia nell'antichità, Arti Grafiche Friulane, 1979,  p. 126.

E. Campanile, Rapporti linguistici e cultuali tra i popoli dell'Italia antica, Giardini, 1991, p. 74.

G. Geromet, “Aquileia, la grande metropoli Romana”, Fondazione della Società per la conservazione della Basilica di Aquileia, 1996,  p.16.




sabato 29 ottobre 2016

Pisa, città etrusca



Le origini di Pisa sembrerebbero ancora oggi molto incerte. Esistono infatti tesi su una sua possibile origine ligure o greca, ma la storiografia contemporanea ha fugato molti dubbi circa le origini della città, che sarebbe nata dall’aggregazione di alcuni villaggi etruschi alla confluenza del fiume Auser nell’Arno. Di certo sappiamo che i più antichi ritrovamenti archeologici risalgono all’età del Bronzo, e abbiamo notizia di insediamenti etruschi databili tra il V e il VII secolo a.C. Per via dell’incertezza circa le origini, in passato vi furono dubbi consistenti intorno all'etimologia del toponimo Pisa. C’è però il dato storico che Pomponio Mela assegnò un’origine etrusca a Pisa: “Pisae Etrusca et loca et nomina (o flumina) ” [Pisa è etrusca per luoghi e nomi (o fiumi)] (P. Parroni). Alcuni codici, al posto di “nomina”, riportano la lezione “flumina”, ma P. Parroni ha preferito la lezione “nomina”, tramandata da Vibio Sequestre, al posto di “flumina” proposta da Cluverius. ( Pomponii Melae De Chorographia). Oggi è pressoché universalmente accettata l’ipotesi per cui il toponimo  Pisa significherebbe luogo palustre. L’idea fu ventilata già nel XIX secolo da E. V. Montazio ,il quale osservò:

Mazzocchi, dopo aver citato in Eusebio l’opinione che la voce Pisos  altro non denota se non luogo acquoso, denominazione giusta, tanto per Pisa in Elide che per la Toscana,  fa risalire l’etimologia di questo vocabolo al verbo ebraico significante  pus, augescere,  exundare,  il cui nome vale quanto luogo palustre, e da ciò trae motivo di ritenere ambo quei nomi spettare non ai greci ma  ai Tirreni orientali” (Annali di Pisa).  Si sottolinea, tra parentesi,  che Tyrreni sostituiva a volte il più diffuso termine Tusci [Etruschi].  Più recentemente l’ipotesi è stata suffragata da Pietro Dini, per il quale il toponimo latino Pisae ( in greco Pisa, Pisai, Peisa e Peisai) è un nome di matrice indoeuropea, con il significato sia di acque stagnanti sia di acque correnti (P. Dini).

Dal punto di vista strettamente storico, l’origine etrusca di Pisa è stata sostenuta con ottimi argomenti ed adeguati riferimenti archeologici da S. Bruni, il quale si batté per molti anni perché l’origine etrusca di Pisa fosse definitivamente riconosciuta dalla critica:

“La grande stagione etrusca di Pisa, più volte ricordata dalla stessa tradizione letteraria greca e latina, era ancora nella seconda metà del XVIII secolo – e lo sarà ancora per molto essendo conquista assai recente, legata com’è alla serie di scavi e scoperte effettuati nell’area della città nel corso dell’ultimo trentennio – praticamente sconosciuta” (S. Bruni).

Se infine consideriamo, sia pure con le debite differenziazioni tra epoche molto diverse tra loro sotto l’aspetto ambientale, che gran parte della storia alto-medievale di Pisa ruota attorno a tutta una serie di impaludamenti, l’ipotesi di un toponimo che rispecchi l’idea di una zona “ricca d’acque” ha una sua indubbia consistenza storica oltre che linguistica (M. Baldassarri-G. Gattiglia).

In età romana Pisa si schierò decisamente con  Roma nella sua politica espansionistica, ed il suo sistema portuale fu spesso usato come base per le flotte romane. Pisa diventò municipium nel I secolo a.C. e colonia  sotto l’imperatore Augusto. Dopo la caduta dell’impero romano,  Pisa fu governata sicuramente dai Bizantini e poi, secondo una tradizione incerta,  dai Longobardi, che l’avrebbero conquistata con Rotari verso la prima metà del VII secolo. Anche su questo le tesi divergono, perché secondo parte della storiografia,  parrebbe che Pisa fosse rimasta immune dalla conquista [Ceccarelli Lenut]); però, nonostante la mancanza di fonti scritte, l’archeologia ha dimostrato la presenza di tombe longobarde a Pisa. Nell’XI secolo Pisa fu una delle  Repubbliche Marinare più potenti in Italia, e la flotta  pisana  assicurò alla città il dominio del Mediterraneo occidentale per gran parte del Medioevo.  Tra il XII e il XIV secolo Pisa, grazie alla sua importanza strategica e militare, si ingrandì inglobando numerosi villaggi intorno ad essa, e ciò comportò la creazione di nuove strade e piazze, nonché delle tipiche Case-Torri, appartenenti alla nobiltà e al prospero ceto mercantile della città, che avviò Pisa a un grande sviluppo edilizio ed economico.

La crescita della città si arrestò quando Pisa fu  conquistata da Firenze, che la dominò per quasi tutto il XV secolo. Ciò significò una inevitabile perdita di importanza della città; però, sotto il dominio di Firenze, Pisa fu anche  notevolmente fortificata sul  mare con opere di celeberrimi ingegneri militari come Filippo Brunelleschi. Verso la fine del XV secolo Carlo VIII di Francia sottrasse Pisa a Firenze,  dandole ampia  autonomia di governo, che durò fino per tutta la prima decade del XVI secolo, quando la città fu di nuovo conquistata da  Firenze, che tuttavia fece  ricostruire le fortificazioni pisane distrutte nel corso delle precedenti guerre.

Dai documenti appare chiaro che  la città sembrò soffrire di un rapido decadimento fra il XVII e il XVIII secolo, che fu superato  soltanto sotto il governo del  Granduca Pietro Leopoldo d'Asburgo, che ne modernizzò le infrastrutture viarie e  molti palazzi. Nel XIX secolo Pisa conobbe un ulteriore sviluppo urbano  e la creazione di importanti opere pubbliche , come la Piazza Vittorio Emanuele (O. Niglio). In ogni caso, il Medioevo fu  certamente il periodo di maggior sviluppo economico, politico ed artistico  di Pisa, come del resto dimostra il centro storico, ricco di  edifici religiosi e civili che richiamano i nomi di Nicola e Giovanni Pisano.  Pisa vanta oggi numerosissime istituzioni culturali che conservano opere di eccezionale valore artistico.

Fonti:

Annali di Pisa dalla sua origine fino all'anno 1840, compilati da E. V. Montazio, Lucca, 1840, Vol. I, p. 18.

M. Baldassarri-G. Gattiglia, “Tra i fiumi e il mare. Lo sviluppo di Pisa nel suo contesto ambientale tra VII e XV secolo”, in V Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, 2009,  pp. 181-187.

S. Bruni, “La domus nobìilium de Balneum …”, in Concordi limine maior, ETS, 2014, p.14. Dello stesso S. Bruni, “Pisa Etrusca et loca et flumina … sed etiam maria, Appunti sulla vicenda di Pisa etrusca”, in Pisa e il Mediterraneo …, a cura di M. Tangheroni, 2003.

P. Dini, “Sul toponimo Pisa in una prospettiva indoeuropea”, in AION linguistica, 16, pp. 283-316.

O. Niglio, “Tesori militari e ipotesi di trasformazione nel nuovo assetto urbano della città si Pisa”, in Città e Storia, IV, 2009, 2,  pp. 417 sgg.

Pomponii Melae De Chorographia libri Tres, a cura di P. Parroni, Roma, Edizioni di storia e Letteratura, 2005  [ I Ediz. 1984], p. 146, righe 73-74 e apparato critico.

Ceccarelli Lenut, Un castello e la sua storia. Montescudaio nel Medioevo (2009): http://www.rmoa.unina.it/852/1/RM-Ceccarelli-Montescudaio.pdf.

mercoledì 26 ottobre 2016

Spoleto tra il Cardinale Albornoz e Lucrezia Borgia



Le origini di Spoleto, situata lungo le pendici del colle Sant’Elia, risalgono alla fine dell’età del bronzo, come dimostrano alcuni resti di necropoli, ritrovati nel perimetro della città. Nel V-IV secolo a.C. gli Umbri occuparono il territorio, e la città diventò un Castrum (fortezza),con la costruzione delle cosiddette mura ciclopiche, composte da enormi massi di pietra calcarea di forma poligonale. Nel 241 a.C. Spoleto diventò una colonia, ed essa fu eretta dai Romani, per meriti di fedeltà, al rango di Municipium. Infatti, Spoleto dimostrò fedeltà a Roma soprattutto durante la seconda guerra punica, opponendosi con valore all’esercito cartaginese di Annibale, che avanzava verso Roma, dopo aver sconfitto i Romani nella battaglia del Trasimeno. Infatti Cicerone definì “Spoletinam Coloniam in primis firmam et inlustrem” [“ la colonia di Spoleto forte e illustre”] (Severus Minervius).



Riguardo all'etimologia di “Spoletium-Spoletum”, possiamo dire di essere in una situazione di attesa. Cominciamo, per dovere di informazione, dall'ipotesi proposta nel XVIII secolo da Severus Minervius, il quale faceva derivare il nome della città dal termine latino Spolia: “ 'Spoletium' plures dici a dividendi spoliis...” [“ Molti sostengono che il nome di  Spoleto deriva dal fatto che essi si dividevano le spoglie dei nemici in guerra”]. Oggi gli studiosi sembrano concordemente orientati ad accettare l'ipotesi che Spoletium abbia le sue radici nell'etrusco spur, che significa appunto città. A. Morigi, infatti, scrive: “[...] La tradizione antiquaria leggeva nel toponimo la somma dei termini Greci Spao (staccare) e lithos (pietra), per rimarcare la forma di rupe staccata dal retrostante Monteluco di Colle Sant'Elsa. Una seconda ipotesi potrebbe coincidere con una radice etrusca Spur e il corrispettivo locativo spur-ethi per sottolineare l'ambito urbano [...]” (A. Morigi).

I resti che testimoniano la presenza romana nella città sono molti, come l’Arco di Druso e Germanico (23 a.C.), il Teatro Romano (I secolo a.C.) e la casa di Vespasia Polla, madre di Vespasiano. Nel IV a.C. secolo Spoleto diventò  sede episcopale, come testimonia la basilica di San Salvatore, una delle più antiche chiese della città. Dopo la caduta dell’impero romano, i Longobardi conquistarono Spoleto, che diventò  capitale di uno dei più vasti e potenti ducati dell'Italia mediana. Dopo la dominazione  Longobarda, il Ducato passò ai Franchi, sotto il cui dominio iniziò un progressivo declino della città.

Secondo la tradizione, nel 1155 Spoleto fu distrutta da Federico Barbarossa. In età Comunale, la città fu contesa tra l'Impero e la Chiesa, a cui andò soggetta sotto il papato di Innocenzo III nel 1198 e, definitivamente, nel 1247. Nel corso di questo periodo di dominio dello Stato della Chiesa, fu costruita una seconda e più ampia cinta muraria, entro la quale si svilupparono le strutture urbane medioevali, che le diedero un aspetto di rocca fortificata. Trasformatasi in Comune, Spoleto fu dilaniata al suo interno dalle lotte fratricide tra Guelfi e Ghibellini, finché, con l'azione decisa del Cardinale Albornoz, le dispute furono sedate. Grazie al potente prelato, essa ebbe anche un notevole incremento delle fortificazioni; infatti il Cardinale Egidio Albornoz incaricò Gattaponi,  famoso ingegnere militare, di costruire la cosiddetta Rocca di Albornoz, che diventò la sede dei governatori della città.

Alla fine del XV secolo, Spoleto fu governata da un famoso esponente della Potente famiglia dei Borgia,  Lucrezia Borgia, figlia di Papa Alessandro VI Borgia e sorella di Cesare Borgia, figura fondamentale del Principe di Machiavelli. Nel corso del periodo napoleonico, Spoleto fu sottratta al diretto dominio del Papa e governata come una Repubblica strettamente legata ai Francesi, assumendo un ruolo di una certa rilevanza, come capoluogo del Dipartimento del Trasimeno.

Dopo la Restaurazione essa fu restituita allo Stato della Chiesa, fino al periodo Risorgimentale, che vide la città molto impegnata nelle lotte per l'Unificazione d'Italia. Essa, nel 1860 entrò quindi nel Regno d'Italia. Oggi la città è un importante centro turistico, di alto valore culturale, aperta ad iniziative che l'hanno fatta conoscere a livello internazionale.

Fonti:

A Morigi, Spoleto Romana: Topografia e Urbanistica, Archaeopress, 2003, p. 6.

“Severi Minervii De Rebus Gestis atque Antiquiis Monumentis Spoleti. De Origine et nomine Spoletinae Urbis”, in Documenti Storici Inediti, a cura di Achille Sansi, Foligno, 1879, p. 15.